Abitanti del lago e sistemi di cattura

01.                 Gambero Rosso

02.             Anguilla

03.              Pesce Persico

04.                 Carpa

05.             Lucio Perca

06.              Luccio

07.             Persico Sole

08.              Persico Trota

09.              Tinca

010.                        Siluro

011.                        Scardola

012.                        Pesce Gatto

013.                        Periodi e Misure  

 

 

IL GAMBERO d'acqua dolce

Il gambero d'acqua dolce (Austropotamobius pallipes italicus) è un piccolo crostaceo, appartenente alla famiglia degli Astacidi.

Sottospecie italiana della specie Austropotamobius pallipes, distribuita nell'Europa occidentale, dal Portogallo alla Svizzera e alla Dalmazia e dall'Inghilterra alla Francia fino alla Liguria, A. pallipes italicus colonizza, o meglio "colonizzava", tutte le regioni continentali e peninsulari d'Italia, dalla Calabria al Piemonte e alla Venezia Giulia. Nella seconda metà del XX° secolo, infatti, le popolazioni di questo gambero in molti bacini si sono ridotte e altre sono addirittura scomparse per cause innumerevoli che vanno dalla diffusione della "peste del gambero" alla distruzione e modificazione dell'habitat naturale della specie.

Morfologia  

Foto di un gambero       Un gambero

Gambero dall'aspetto piuttosto robusto, Austropotamobius pallipes italicus raramente supera i 12 cm di lunghezza totale ed i 90 g di peso. La colorazione del corpo è bruno-verdastra sul dorso e sui fianchi. Ventre e arti sono invece biancastri, caratteristica, questa, che è valsa a questa specie il nome di "gambero dai piedi bianchi", con cui A. pallipes è comunemente noto in molti dei paesi europei compresi nel suo areale.

I maschi si distinguono dalle femmine per il fatto di avere le prime due appendici dell'addome (dette pleopodi) modificate in organi sessuali che, all'atto dell'accoppiamento, si uniscono a formare un unico organo copulatore. Nella femmina le appendici dell'addome sono invece tutte uguali. Generalmente inoltre i maschi sono più grandi delle femmine e, a parità di dimensioni corporee, hanno le chele più sviluppate e l'addome più stretto.

Ecologia ed alimentazione

L'habitat naturale del gambero di fiume è rappresentato da fiumi e torrenti con acqua corrente e limpida e fondali coperti da ciottoli o limo. In particolare esso è alquanto esigente riguardo al contenuto in ossigeno, che deve essere piuttosto elevato, e alla temperatura, che non deve superare i 23°C.

La sua dieta è praticamente onnivora, comprendendo insetti, lombrichi, molluschi, larve, piccoli pesci, animali morti, radici di piante acquatiche e anche detriti vegetali e animali di vario genere.

Animale solitario e territoriale, esso è particolarmente attivo di notte, quando va a caccia delle sue prede camminando sul fondo dei letti dei torrenti con le chele protese in avanti, mentre trascorre la maggior parte del giorno nascosto tra tronchi e ceppi sommersi, banchi di macrofite, lettiere di foglie e rami, anfratti rocciosi, o in tane da lui stesso scavate lungo le rive del corso d'acqua. Per questo motivo esso risulta essere una specie molto difficile da osservare e da studiare.

Da adulto, al di fuori dei periodi di muta, il gambero non conosce molti nemici naturali: solo ratti e arvicole acquatiche, che sono in grado di romperne il robusto carapace.

I gamberi giovani e gli adulti in muta sono invece preda di Salmonidi, anguille e predatori come il Siluro.

Riproduzione e ciclo vitale  

La maturità sessuale di norma viene raggiunta al terzo o quarto anno di vita, quando le femmine hanno raggiunto mediamente una lunghezza del carapace pari a 20 mm. L'accoppiamento avviene nei mesi autunnali, probabilmente stimolato dall'abbassamento delle temperature, ma non si escludono momenti più o meno fecondi anche nei periodi estivi in particolar modo in luglio, le femmine ovigere si trovano da dicembre a luglio. I maschi "corteggiano" le femmine in modo piuttosto violento e possono giungere a mutilare o addirittura uccidere la femmina reticente al rovesciamento sul dorso per l'accoppiamento frontale. Durante l'accoppiamento il maschio depone sull'addome della femmina dei "sacchetti" gelatinosi contenenti gli spermatozoi (spermatofore) che serviranno a fecondare le uova e poi l'abbandona per dedicarsi alla ricerca di altre partner. Dopo 2-3 giorni la femmina depone le uova che, fecondate, aderiscono alle appendici addominali della madre, la quale le proteggerà per alcuni mesi; ciascuna femmina porta in media 200 uova, del diametro di circa 2 mm e dal colore bruno cupo. Durante questo periodo la femmina resta rintanata il più possibile, per evitare di esporre le uova ad eventuali predatori, continuando inoltre a ventilarle e pulirle da eventuali detriti.

Dopo circa 5-6 mesi, nascono delle larve in avanzato stadio di sviluppo che con le proprie zampe si mantengono attaccate al ventre materno fino al completo sviluppo, raggiunto in circa una settimana. Dopo aver abbandonato la madre, i giovani gamberi, già molto simili agli adulti nell'aspetto, danno inizio alla loro vita libera sul fondo dei corsi d'acqua, mantenendosi comunque, per i primi giorni, a pochi centimetri dalla madre, per poter correre al riparo del suo addome, in caso di pericolo.

Nel primo anno di vita il giovane gambero, continuando a crescere in dimensioni, compie 5-6 mute, spogliandosi del vecchio scheletro esterno (esoscheletro) e rivestendosi di uno nuovo, appena formato; raggiunta poi l'età adulta, esso compie al massimo una muta all'anno.

Principali fattori di minaccia per la specie

La sopravvivenza del gambero d'acqua dolce risulta minacciata da vari fattori quali:

  • La diffusione di pericolose malattie fungine portate nel nostro paese con l'introduzione di gamberi esotici. È il caso per esempio della "peste dei gamberi", una malattia epidemica causata dal fungo Aphanomyces astaci , di origine americana, che fin dal suo ingresso in Europa più di 100 anni fa (nel 1860) attraverso probabilmente l'accidentale importazione di gamberi infetti, ha causato una vera e propria decimazione delle popolazioni dell'autoctono A. pallipes
  • La competizione con crostacei decapodi esotici introdotti dall'uomo. In molte aree della Pianura Padana ed in particolare in Lombardia sono attualmente presenti almeno tre specie astacicole esotiche: Procambarus clarkii (Gambero Rosso delle paludi della Louisiana), Orconectes limosus (Gambero americano) e Astacus leptodactylus (Gambero turco)
  • L'inquinamento di tipo organico. Esso produce alterazioni nelle comunità di invertebrati che vivono sul fondo dei corsi d'acqua e impoverisce l'acqua di ossigeno
  • L'inquinamento da metalli e anticrittogamici. I gamberi d'acqua dolce risultano essere infatti particolarmente sensibili ad alcuni componenti di questi prodotti.


 

Ø   ANGUILLA

 

 
E S C H E

NOME LATINO: Anguilla anguilla (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Anguillidae
ORDINE: Anguilliformes
NOME INGLESE: Eel
NOMI DIALETTALI: Bisat (Ven.); Ancidda (Sicil.)

Ha l'aspetto di una biscia. Il suo corpo è allungato e cilindrico con la parte caudale che, a partire dall'apertura anale, è compressa lateralmente.

Caratteristiche:
squame ellittiche piccolissime, disposte senza un ordine preciso, nascoste dalla pelle viscida, ricoperta di muco; pinna dorsale, anale e caudale fuse in una sola grande pinna che contorna tutta la metà posteriore del corpo, composta da oltre 500 raggi; pinne ventrali assenti. Lunghezza massima fino 120 cm (le femmine eccezionalmente fino a 220 cm); peso fino a 2,5 Kg. La testa conica è piccola, con la bocca molto ampia e la mascella inferiore che sopravanza di poco quella superiore. Entrambe le mascelle sono armate di denti robusti. Gli occhi sono piccoli e rotondi e sul muso un po´ allungato si aprono quattro narici. L aperture branchiali sono modeste e abbastanza arretrate. Subito dietro questi opercoli si trovano le pinne pettorali. La pinna dorsale, molle e di altezza uniforme, parte poco dietro la testa e copre tutto il tronco, fasciando la coda e proseguendo al di sotto, fino all'apertura anale. I maschi delle anguille raggiungono i 50 cm di lunghezza, le femmine superano il metro di lunghezza e i cinque chilogrammi di peso. L'anguilla è ricoperta da una pelle robusta, ricca di ghiandole che secernano un caratteristico muco biancastro che la rende particolarmente viscida. tutta la superficie del corpo è ricoperta da piccole scaglie ovali che però appaiono solo negli individui che hanno superato il quarto o il quinto anno. La sua livrea è molto variabile e dipende dall'ambiente e dall'età. In generale, la parte superiore è nerastra, grigio verdastra o marrone cupo. Sotto la linea laterale è bianco giallastra. Una volta raggiunta la maturità sessuale, l'anguilla assume la cosiddetta "livrea di migrazione", mutando oltre che l'aspetto, anche di abitudini. Il suo dorso diventa nero, i fianchi e la pinna dorsale si fanno bronzati con sfumature purpuree. Il ventre assume colore argentato. In questa fase, le anguille sono chiamate "argentine" o "capitoni", nome quest'ultimo con il quale sono normalmente commercializzate.

Morfologia: corpo molto allungato a sezione cilindrica anteriormente e compressa lateralmente nella regione della coda; colorazione molto scura sul dorso, giallastra o grigia sul ventre; pinna dorsale, caudale ed anale fuse in un'unica pinna; mancano le pinne ventrali; squame piccolissime e cute molto scivolosa per l'abbondanza di muco prodotto da apposite cellule cutanee.
DISTRIBUZIONE: nelle acque salmastre costiere ed in ogni tipo di acque interne.
HABITAT: specie a migrazione catadroma (dai fiumi scende al mare per riprodursi), predilige gli ambienti con fondali melmosi pur adattandosi a qualunque ambiente d'acqua dolce.
ALIMENTAZIONE: invertebrati acquatici, piccoli pesci ed uova di pesce in attesa di schiusa, rane, girini, vermi.
 VAL. ECONOMICO: notevole.

 

  BIOLOGIA:

IL MISTERO DELLA SUA RIPRODUZIONE: Da sempre la riproduzione dell'anguilla è stata oggetto di studi, mai giunti ad una conclusione definitiva. Da Aristotile e fino agli studiosi dei giorni nostri le certezze acquisite in questo settore non sono molte. Sembra che l'anguilla si riproduca una sola volta nella vita. Quando l'orologio biologico del pesce scandisce i rintocchi della procreazione, le anguille abbandonano le acque dolci, la loro livrea assume colore argento e ciò significa come vedremo che diventano "argentine" o "capitoni" e sono pronte ad intrapprendere il lungo viaggio verso il Mar dei Sargassi che durerà da tre a cinque mesi. Qui ad una profondità di 200 - 300 metri, depongono circa 5 ,ilioni di uova dalle quali nascono  larve simili a foglie di salice trasparenti e lunghe fino a 5 mm. Fino a qualche decennio fa si pensava che queste larve, chiamate "leptocefali" costituissero una specie ittica a se stante. Fu dimostrato solo nel secolo scorso che si trattava invece delle larve di anguilla; questi nutrendosi di plancton si mettono in viaggio verso l'Europa e gli altri continenti. Durante questa traversata avvengono diverse mutazioni, i leptocefali si tramutano nelle cosiddette "ceche" piccole anguille lunghe circa 10 cm. che, nonostante il nome sono dotate di occhi. Al momento di raggiungere le acque dolci europee e non, le ceche sopravvissute (molte finiscono preda di pesci più grandi), assumono corpo cilindrico, muso ottuso,

Distribuzione:
l'anguilla in Italia è ubiquitaria. E’ ancora presente in tutto il reticolo idrografico provinciale ma sempre con popolazioni assai ridotte in termini numerici. E' una specie che merita una attenta opera di recupero faunistico.

 

 


Ø   PESCE PERSICO

E S C H E


NOME LATINO: Perca fluviatilis (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Percidi
ORDINE: Perciformi
NOME INGLESE: Perch

Il persico ha corpo ovale, piuttosto compresso ai lati, ma caratterizzato da una gibbosità dietro la testa, che si accentua negli individui più vecchi. Caratteristica è la bocca molto larga, con labbra membranose, che continuano sui lati della testa; le labbra sono fragilissime: se vengono lacerate da un amo molto sottile, permettono al persico allamato di riguadagnare la libertà. I denti sono piccoli e non dannosi per la lenza. La Taglia media del persico si aggira intorno ai 20-30 cm con un peso di 200-250 g. Gli esemplari maggiori possono arrivare a 50 cm e sfiorare i 2 kg. di peso. I suo corpo è rivestito di squame rugose e dentellate così radicate nella pelle che già alcune ore dopo la cattura è difficile eliminarle. Il dorso è bruno verdastro o bruno grigiastro, i fianchi sfumano nel giallo tendente al grigio e il ventre è biancastro. Caratteristiche principali sono le strisce o bande verticali nerastre dispose verticalmente sui fianchi in numero da 5 a 9.

ATTENZIONE: Sul dorso il persico porta due pinne, la prima delle quali è sorretta da raggi spinosi, altri due si trovano all'inizio delle seconda pinna verso la coda, altri punti spinosi si trovano sotto gli opercoli branchiali. fare molta attenzione a questi punti spinosi perchè sono un'arma di difesa del persico e provocano dolorose ferite nelle mani dei pescatori incauti.
SVILUPPO: il processo di crescita degli avannotti è molto lento, questi dopo il riassorbimento del sacco vitellino, restano uniti in grossi branchi presso la "legnaia" che li ha visti nascere, per ripararsi dagli attacchi degli altri pesci predatori (tra cui gli stessi persici adulti). Si pensi che a 2 anni raggiungono a mala pena i 7,5 cm a 4 anni toccano i 13 cm e ne occorrono ben 7 per arrivare a 20 cm. la taglia media si aggira sui 25 cm (300 g); molto raramente arriva a 40-50 cm  e quasi 2 kg di peso.

É un pesce molto curioso tutti i pesci lo sono, ma lui li supera tutti, si lascia attrarre da tutto ciò che luccica o biancheggia in acqua, specialmente se è in movimento; un frammento di specchio o un pezzetto di stagnola sono per lui irresistibili.
DISTRIBUZIONE: Italia settentrionale e centrale, ma è stato immesso anche nelle acque del resto della penisola e delle isole.
HABITAT: ambiente lacustre litorale e fluviale a corrente molto debole; ha abitudini sedentarie e si riunisce spesso in gruppi, soprattutto in età giovanile.
ALIMENTAZIONE: invertebrati durante l'età giovanile, predatore di altri pesci da adulto. (vedasi immagine di inizio)
RIPRODUZIONE: depone tra Aprile e la fine di Maggio, in relazione alla temperatura ambientale (predilige 14-15 °C); riproduce in acque basse con fitta vegetazione o con abbondante presenza di radici; o nelle legnaie artificiali poste dai pescatori.

le uova hanno un diametro di 2-2,5 mm e sono protette all'interno di lunghi nastri di muco che le femmine distendono tra i rami delle piante acquatiche; la schiusa si ha dopo 2-3 settimane; le larve misurano 5 mm e, riassorbito il sacco vitellino si riuniscono in grandi banchi nelle acque superficiali lungo le rive.

DOVE VIVE: Il persico predilige le acque profonde ma vicine alla prima corona della riva, quindi al di la di buche o in presenza di vecchie barche affondate, legnaie più o meno artificiali, piante sommerse morte, ruderi di ponti o macerie di vecchia data. Lo troviamo anche sotto natanti alla fonda, chiatte, barche ancorate da lungo tempo, imbarcaderi, passerelle, sotto isolotti ampi e galleggianti volgarmente chiamate "tremirole". Potremmo trovare il persico anche in presenza di opere murarie sul fondo di dighe vicino alla loro base, in presenza di porte di chiuse oppure in presenza di aree sorgive profonde dove giocare tra gli sbuffi della sabbietta mossa dalla fuoruscita dell'acqua dal sottosuolo.

Da giovane lo troviamo in branchi e mano a mano che cresce tende ad isolarsi fino a cacciare da solo in età matura.

TECNICHE DI PESCA: Alla traina o tirlindana procedendo in barca a remi con una lunga lenza armata di esca artificiale riflettente o a forma di avanotto. Si opera a mano svolgendo la lenza dall'aspo mentre la barca procede lentamente ed imprimendo all'esca strappetti irregolari.

Si fa uso anche di lenze con galleggiante, oppure a fondo o meglio a striscio.

                 

COME ABBOCCA: La presa del persico è veloce abbocca, solitamente trscina inizialmente verso il fondo in verticale per poi continuare la discesa angolarmente.

VAL. ECONOMICO: notevole.


Ø CARPA 

E S C H E


NOME LATINO: Cyprinus carpio (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Cyprinidae
ORDINE: Cypriniformes
NOME INGLESE: Carp
NOMI DIALETTALI: Goba (Romagna)

Il corpo della carpa è robusto, massiccio, muscoloso e un po' compresso ai lati, è molto alto dorsalmente, quasi a formare una gibbosità tondeggiante. Anche il capo, di forma conica con muso corto, è assai robusto; gli occhi sono piuttosto grandi. La bocca è protrattile, piuttosto stretta e orlata di spesse labbra, da cui angoli superiori pendono quattro barbigli tattili, due per parte, uno lungo e l'altro breve. Mancano i denti, sostituiti da placche faringee ossee che servono per triturare il cibo. La pinna dorsale, che sorge a metà circa della schiena, è sorretta da circa 20 raggi molli, mentre il primo è duo e dentellato. Questa pinna è lunga fino al massiccio peduncolo caudale che regge una coda ampia, forte, dai margini moderatamente incisi. La pinna anale, di dimensioni modeste, ha anch'essa il primo raggio duro e seghettato. Di media grandezza le altre pinne. Il corpo della carpa di grosse squame cicloidi. Solo il capo non ne è provvisto. La colorazione varia a seconda dell'ambiente in cui la carpa vive. Generalmente è bruno olivastra o grigio verdastra sul dorso. Queste tinte sfumano nel giallo bronzo con riflessi dorati sui fianchi e nel biancastro del ventre. La pinna anale e quelle ventrali sono spesso rossicce, tutte le altre sono olivastre.
 
MORFOLOGIA: corpo di forma ovale, meno accentuata nella forma selvatica; bocca protrattile con labbra carnose munite di quattro barbigli; squamatura grossa e regolare nelle forme selvatiche; nella forma "a specchi", poche squame grandi spiccano sulla pelle nuda; colorazione bruno-verde sul dorso, spesso con riflessi bronzei, gialla sul ventre.
TAGLIA: 20-40 cm (300-1000 g) a 3-4 anni; raramente 100 cm (25-30 kg) e 40 anni di età.
DISTRIBUZIONE: in acque stagnanti o a debolissima corrente in tutto il territorio italiano.
HABITAT: tra la vegetazione di riva ed in stretta vicinanza con fondali di tipo melmoso. È specie eurialina, adattandosi così anche ad ambienti salmastri
ALIMENTAZIONE: invertebrati di fondo, larve di insetti, detrito vegetale, ma anche anfibi ed avannotti di altri pesci.
RIPRODUZIONE: ha luogo in acque molto basse, in Maggio-Giugno, con temperatura compresa tra 17 e 20 °C; uova assai piccole (1 mm) rimangono attaccate alle piante e schiudono in 3-8 giorni; le larve restano inattive sul fondo fino al riassorbimento del sacco vitellino (2-3 giorni). L'accrescimento è rapido: ad un anno di età la lunghezza può raggiungere i 15 cm ed il peso i 200g. La maturità sessuale è raggiunta a 3 anni nei maschi e a 3-4 nelle femmine.
VAL. ECONOMICO: modesto. È oggetto di allevamento per produzione di carne e per ripopolamento o per pesca sportiva “carpodromi”.
NOTE: è originaria di due aree discontinue: l'Est europeo (Russia meridionale, Caspio, Aral) ed Asia Orientale (dall'Indocina al Giappone). Con le introduzioni è oggi la specie più diffusa.

 


Ø   LUCIOPERCA (detta anche Sandra)

E S C H E


NOME LATINO: Stizostedion lucioperca (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Percidae
ORDINE: Perciformes
NOME INGLESE: Pikeperch

Casella di testo:  A prima vista, il lucioperca pare un incrocio tra il luccio e un pesce persico. Il corpo è slanciato e lungo, relativamente depresso, con una lieve elevazione dietro la testa che è robusta e appuntita. La bocca è ampia, ha forti mascelle ed è armata di molti denti aguzzi e aggancianti, alcuni assai lunghi. Gli occhi sono di medio sviluppo. Due pinne dorsali; La prima più alta, è sostenuta da 13-15 raggi spinosi; la seconda, poco più lunga, è dotata di raggi molli. Ampia la pinna caudale, molto incisa. La pinna anale, quasi contrapposta alla seconda dorsale, ha i primi due raggi duri. Le pettorali e le ventrali sono ravvicinate. E' ricoperto di squame non molto grandi. La tinta dominante è il verde scuro, con intonazioni olivastre sul dorso, più chiare sui fianchi e qualche riflesso azzurrastro. D8 a 15 bande verticali nerastre striano dorso e fianchi. Macchie scure sono presenti ai lati della testa e sulle pinne dorsali e caudale, che, come le altre, sono lievemente rosate. Il ventre è bianco.

MORFOLOGIA: corpo allungato; bocca terminale ampia e munita di denti robusti; pinna dorsale doppia la prima parte della quale munita di raggi spinosi; morfologia sostanzialmente simile a quella del pesce persico; colorazione verde-bruna sul dorso con strisce verticali più scure, bianco giallastro sul ventre.
TAGLIA: 35-55 cm (circa 1 kg) a 5-6 anni, fino a 120 cm (12 kg) a circa 20 anni di età.
DISTRIBUZIONE: assai limitata nell'Italia settentrionale e, comunque, da verificare (Lago di Lugano, Lago di Comabbio, Lago Maggiore, Lago di Corbara, Lago di Alviano, basso corso del Tevere).
HABITAT: vive in piccoli banchi nelle zone litorali di laghi e fiumi a corrente modesta, senza vegetazione.
ALIMENTAZIONE: è un forte predatore di altri pesci, preferibilmente ciprinidi.
RIPRODUZIONE: depone tra Aprile e Giugno con una temperatura preferenziale di 12 °C su fondali sassosi o dove siano presenti radici di piante; le uova sono poste in buche che vengono custodite da entrambi i genitori; le uova misurano 1-1,5 mm e si sviluppano in una settimana circa; le larve appena nate misurano 6 mm; dopo circa due mesi sono già in grado di predare larve di zanzara ed altri piccoli pesci.
VAL. ECONOMICO: buono.
NOTE: introdotto dall'Est Europa. Le prime immissioni ebbero luogo tra il 1902 ed il 1908 nei laghi di Comabbio ad opera della fam. Borghi per scopi commerciali e Pusiano (Lombardia).

 


Ø   LUCCIO


E S C H E

Luccio - Pesca On-line.com NOME LATINO: Esox lucius (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Esocidae
ORDINE: Salmoniformes
NOME INGLESE: Pike
NOMI DIALETTALI: Luss (Piem. & Lomb.)

La sagoma del luccio è inconfondibile. Questo pesce ha corpo allungato e compresso lateralmente. Caratteristici sono la testa depressa col muso slanciato e piatto, a becco d'anatra, e un'ampia apertura boccale che ricorda quella di un alligatore, anche per la formidabile dentatura; circa 700 denti robusti di varia dimensione, impiantati ovunque, sul palato, sulla lingua, sugli archi labiali (dove sono a seghetto), sulla mascella superiore(dove sono più numerosi), sulla mascella inferiore e prominente. Forte, larga e concava è la gola; gli occhi, non grandi sono collocati un po' più in alto, in una posizione che consente al luccio di vedere in ogni direzione. Possiede una sola pinna dorsale, alta e corta, situata presso la coda e contrapposta all'anale di conformazione quasi simile. Sviluppata e possente è la pinna caudale, poco incisa; medie le ventrali e le pettorali, quest'ultime poste sotto le aperture branchiali che sono molto grandi. Tutto rivestito di piccole squame, il corpo del luccio ha una livrea predisposta al mimetismo; varia secondo l'ambiente. Di solito è verde brunastra o verde bottiglia, di tonalità più o meno scura sulle parti superiori, con i fianchi striati o marmoreggiati da macchie grandi ora chiare, ora brunastre o giallo olivastre, a disegno trasversale od obliquo. Sul capo vi sono fasce scure longitudinali; sulle pinne rossastre spiccano macchie irregolari; il ventre è biancastro. Da giovane ha colori più marcati, mentre nel periodo della riproduzione presenta riflessi bronzo rame
MORFOLOGIA: corpo allungato (l'altezza massima del corpo equivale ad 1/5 - 1/6 della lunghezza standard); testa grossa con bocca terminale assai grande, foggiata a "becco d'anitra", munita di denti robusti; pinna dorsale breve e spostata verso la coda; colorazione del dorso bruno-verde con macchie di colore più scuro, ventre biancastro. Gli individui che vivono in acque ferme hanno corpo leggermente più tozzo.
TAGLIA: 25-40 cm (500-700 g) a due tre anni di età; 90-100 cm (5-8 kg) a 10-14 anni; raramente fino a 1,5 m (35 kg) ad oltre 30 anni di età.
DISTRIBUZIONE: Italia settentrionale e centrale.
HABITAT: zone litorali di ambienti lacustri e acque fluviali a corrente modesta; predilige le zone ricche di vegetazione acquatica.
ALIMENTAZIONE: predatore di altri pesci, ma anche di rane e gamberi.
RIPRODUZIONE: la deposizione ha luogo tra Marzo e Maggio, nelle regioni settentrionali può protrarsi sino a Luglio; predilige le acque molto basse ed i prati inondati dalle piene primaverili; le uova vengono deposte in più porzioni nell'arco di più giorni o settimane; le uova misurano 2,5-3 mm; le larve nascono dopo 10-15 giorni e misurano 9-10 mm, rimangono fissate agli steli d'erba per mezzo di organi adesivi posti sul capo fino al riassorbimento del sacco vitellino che avviene in pochi giorni; a 25 mm di lunghezza ha già una morfologia del tutto simile a quella degli adulti ed a 4-5 cm inizia a predare i giovani di altre specie.
VAL. ECONOMICO: buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ø   PERSICO SOLE


(nome latino)
Lepomis gibbosus

E S C H E

Ordine PerciformiFamiglia Centrarchidi Lunghezza massima 20 cm Ambiente acque ferme o a corso lento Tecniche di pesca canna fissa

Specie ittica di origine americana, introdotta in Italia agli inizi del '900, il persico sole è un pesce molto appariscente che presenta corpo notevolmente compresso lateralmente, dorso convesso con peduncolo caudale molto ristretto. La bocca, piccola e leggermente obliqua verso l'alto, è fornita di labbra dure e di minutissimi denti sulle arcate mascellari e sul palato. La pinna dorsale è allungata con raggi spiniformi nella parte anteriore, mentre quella posteriore è più alta e sostenuta da raggi molli. Le pinne pettorali e ventrali sono quasi alla stessa altezza e la pinna anale, di forma arrotondata, presenta i primi raggi spiniformi. La livrea del persico sole è molto bella, con corpo color bruno-olivastro disegnato da striature scure con riflessi aranciati e violacei e macchie azzurrine ai lati del capo. Una macchia nera, bordata di rosso, presso l'opercolo branchiale, arricchisce le caratteristiche policrome di questo centrarchide.

Riproduzione e dimensioni II persico sole si riproduce generalmente fra aprile e giugno in acque a temperatura ottimale di circa 20 °C. Il maschio, scavando con la coda nella sabbia, predispone la costruzione di un nido dove la femmina depone da 500 a 5000 uova a seconda della taglia. Il maschio, in questo periodo, diventa molto aggressivo e sorveglia il nido fino al momento in cui i piccoli nati si allontanano. Nelle nostre acque il persico sole raggiunge raramente i 20 centimetri di lunghezza e i 200 grammi di peso.

Habitat e alimentazione Vive in acque sia ferme sia moderatamente correnti, dove non effettua lunghi spostamenti, limitandosi a stazionare cambiando continuamente le postazioni di caccia, ora adagiato sul fondale ora a mezz'acqua, spesso in vicinanza della vegetazione riparia. È specie gregaria che si dimostra voracissima nutrendosi di piccoli animali acquatici, insetti, crostacei, minuscoli pesci e uova di diverse specie ittiche.

 

 


 

Ø   PERSICO TROTA

E S C H E

 


NOME LATINO: Micropterus salmoides (Lacepède 1802)
FAMIGLIA: Centrarchidae
ORDINE: Perciformes
NOME INGLESE: Large mouth bass o black bass
NOMI DIALETTALI: Boccalone (Lomb. e Piem.)

Come tutti i Perciformi, il persico trota ha caratteristiche morfologiche che, tra l'altro, lo avvicinano al suo stretto parente, il persico sole. Il suo corpo ha una linea ovale molto alta e piuttosto tozza e massiccia, dalla forma un po' allungata e compressa lateralmente, che ne denota la considerevole robustezza. Anche la testa è grande ed è lunga circa un terzo del corpo, con una bocca ampia e dal taglio obliquo verso l'alto, orlata di spesse labbra e armata di denti fitti disposti sul mascellare, sul vomere e sul palato. Gli occhi grandi e vivaci ricordano quelli del persico sole. Le squame piccole e lisce ricoprono il corpo del persico trota, la cui tinta predominante è il verde, più chiaro sui fianchi e con riflessi argentei sul ventre. Macchie nerastre appaiono sopra gli opercoli e lateralmente lungo il corpo. Una banda longitudinale costituita da macchie scure ravvicinate contrassegna i fianchi dei più giovani e gradatamente tende a scomparire con l'età, mentre due brevi strisce scure segnano le guance. La pinna dorsale è divisa in due parti contigue: la prima è bassa e breve, sorretta da 9 o 10 raggi spinosi; la seconda, posteriore, è ampia, arrotondata e sorretta da raggi cornei molli. Quella caudale è ampia, robusta, appena incisa con i margini arrotondati. La pinna anale è contrapposta alla seconda dorsale, ma è più piccola e ha i primi tre raggi spinosi. Pettorali e ventrali hanno sviluppo normale.

MORFOLOGIA: corpo moderatamente allungato e compresso lateralmente; testa molto grande e bocca molto ampia con mascella inferiore prominente; pinna dorsale lunga e unica con i primi raggi spinosi; colorazione verde scura sul dorso che sfuma al verde chiaro sui fianchi ed all'argento sul ventre; fascia longitudinale nerastra, ben distinta soprattutto nei giovani.
TAGLIA: 40-60 cm (2 kg) a 4-5 anni di età; eccezionalmente può raggiungere i 70 cm e superare i 10 kg.
DISTRIBUZIONE: specie introdotta dal Nord America; in Italia la sua distribuzione è limitata alle regioni settentrionali.
HABITAT: ambienti lacustri e fluviali con corrente molto lenta, ricchi di vegetazione acquatica.
ALIMENTAZIONE: invertebrati ed altri pesci, specialmente giovani ciprinidi.
RIPRODUZIONE: la deposizione ha luogo tra Marzo e Luglio in 1-2 metri d'acqua ad una temperatura preferenziale di 20 °C; le uova sono deposte in una buca e vengono custodite dalla femmina che continua nella protezione dei piccoli nati per alcuni giorni, fino alla loro dispersione. La maturità sessuale è raggiunta a tre anni
VAL. ECONOMICO: buono.
NOTE: introdotto dall'America per la prima volta in Europa in Germania nel 1883, in Italia fu immesso nei primi anni del 900 nei laghi di Comabbio e Monate.

 


Ø   TINCA

E S C H E


 NOME LATINO: Tinca tinca (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Cyprinidae
ORDINE: Cypriniformes
NOME INGLESE: Tench

La tinca ha corpo ovale allungato, alquanto gibboso e massiccio, ma nel complesso caratterizzato da linee arrotondate, anche nelle pinne, che gli conferiscono una certa eleganza. Piuttosto grossa e robusta, la testa ha gli occhi con iride rossa, non molti grandi, ma mobili. La bocca è piccola, orlata di grosse labbra con ai lati di ognuna un breve barbiglio. La pinna dorsale breve ma alta coi bordi arrotondati, si trova arretrata dopo il culmine della modesta gobba. La coda e possente e abbastanza ampia, anch'essa con profili arrotondati e poco incisi. Sviluppata anche l'anale, in posizione ancora più arretrata rispetto alla dorsale. Di media dimensione sono tutte le altre pinne. Negli esemplari maschi le pinne ventrali sono più lunghe e hanno il primo raggio dentellato. La pelle della tinca è spessa e ricca di ghiandole mucose che la rendono viscida, rivestita di piccolissime squame profondamente infisse. La livrea ha generalmente colorazione verde scuro sul dorso, sfumata in toni più chiari e giallastri sui fianchi e bianco giallastra sul ventre. Questi sono i colori tipici delle tinche che vivono in acque limpide e profonde come quelle lacustri. La livrea può essere altrimenti bruno verdastra o verde oliva pallido, a seconda del tipo di acque, di fondale e di profondità in cui la tinca vive.
MORFOLOGIA: forma del corpo massiccia e leggermente compressa lateralmente nella parte posteriore; squamatura molto piccola e superficie corporea ricoperta di secrezione mucosa; bocca terminale con labbra carnose e munite di due barbigli; pinne brevi ed arrotondate, pinna caudale quasi priva di concavità; colorazione verde-bruna sul dorso, verde-gialla sui fianchi, gialla sul ventre.
TAGLIA: 25-30 cm, raramente raggiunge e supera i 50 cm (2 kg di peso).
DISTRIBUZIONE: in tutto il territorio italiano.
HABITAT: acque stagnanti o a corrente molto lenta, ricche di vegetazione acquatica e con fondo melmoso; è più attiva di notte e sverna affondata nel fango.
ALIMENTAZIONE: invertebrati di fondo, ma anche materiale vegetale e detrito di fondo.
RIPRODUZIONE: depone verso la fine della primavera (tra Maggio e Luglio) in acque basse ricche di vegetazione con temperatura di 19-20 °C; il numero delle uova è elevato (circa 600.000 per kg di femmina), ma il diametro è molto piccolo (0,8-1 mm). La deposizione avviene in più momenti nell'arco di circa 2 mesi. Le uova schiudono in 3-6 giorni e le larve possiedono organi adesivi e rimangono, fino al riassorbimento del sacco vitellino, attaccate alle piante acquatiche. La crescita è piuttosto lenta; la maturità sessuale è raggiunta a due anni dai maschi e a quattro dalle femmine.
VAL. ECONOMICO: buono.
NOTE: è oggetto di allevamento negli stagni, spesso insieme con le carpe.

 

 

 

 

Ø   SILURO  

E S C H E


NOME LATINO: Silurus glanis (Linnaeus 1758)
FAMIGLIA: Siluridae
ORDINE: Siluriformes
NOME INGLESE: Wels

Casella di testo:  Il siluro, a prima vista, appare come un gigantesco pesce gatto. Ha il corpo molto allungato, appiattito anteriormente e cilindrico posteriormente, quasi anguilliforme. La grossa testa arrotondata e depressa termina con una larga bocca, orlata di spesse labbra e armata di numerosi piccoli denti, cui segue un'ampia gola. Gli occhi sono piccolissimi e fra ogni occhio e il labbro superiore sporgono due lunghissimi barbigli, mentre altri quatto, più corti, spuntano sotto le labbra inferiori. La pelle del siluro è glabra, ossia non ha scaglie, ed è spessa e viscida perché ricchissima di ghiandole mucose. Superiormente la tinta è grigio olivastra o bruno verdastra, con marmoreggiature nere e grigie, sui fianchi e sul ventre è olivastra chiara o giallastra con riflessi argentati. La breve pinna dorsale è munita di una forte spina collegata con ghiandole velenifere, come quella che si trova dinanzi a ogni pettorale, subito dietro l'apertura branchiale. Queste tre spine sono velenose come quelli presenti sul pesce gatto. In caso di punture possono procurare effetti dolorosi e la loro azione non cessa con la morte del pesce. La coda è arrotondata e piccola, lunghissima la pinna anale, modeste le ventrali.

MORFOLOGIA: testa larga e piatta; bocca larga; la mascella superiore è munita di due lunghi barbigli, quella inferiore è munita di 4 barbigli corti; corpo privo di scaglie; pinna dorsale piccola e posta in posizione anteriore; pinna anale assai lunga; colorazione bruno nera sul dorso, marmorizzata sui fianchi, bianca sul ventre.
TAGLIA: a 4 anni circa 50 cm e 2 kg; a 10 anni 100 cm e 10 kg; le dimensioni massime 3-4 m e 200 kg
DISTRIBUZIONE: recentemente introdotto dall'Est Europa in alcuni stagni dell'Emilia e nel Po; alcuni esemplari sono stati pescati nel Ticino, nel Lago Maggiore, Lugano e Garda.
HABITAT: acque lacustri e fluviali a corso lento; durante il giorno trova rifugio in buche o nel fango; di notte diviene attivo nella ricerca di cibo; trascorre l'inverno in condizioni di letargia.
ALIMENTAZIONE: è avido cacciatore di pesce e, occasionalmente, topi ed anatroccoli.
RIPRODUZIONE: per la deposizione necessita di una temperatura di almeno 20 °C, la presenza di ricca vegetazione e la costruzione, da parte del maschio, di un nido di detrito vegetale; le uova (3 mm) sono custodite dal maschio per 3 giorni fino alla schiusa. Le larve, alla schiusa, misurano 7 mm e, pur essendo dotate di sacco vitellino, sono già in grado di alimentarsi; ad un mese di età la lunghezza è di 3-4 cm, ad un anno la lunghezza è di circa 20cm
VAL. ECONOMICO: modesto.

 

Ø   PESCE GATTO

E S C H E

NOME COMUNE: Pesce Gatto

NOME SCIENTIFICO: Ictalurus melas

FAMIGLIA: Ictaluridi

ORDINE: Siluriformi

CLASSE: Osteitti

Il corpo del pesce gatto ha forma poco slanciata, La testa è tozza molto robusta e di forma cilindrica con un'ampia bocca disposta trasversalmente e munita di denti di piccole dimensioni conici e disposti sulle mascelle. Gli occhi sono minuti e disposti lateralmente. Dopo la testa il cospo del pesce divente subito più alto per poi ritornare affusolato fino a raggiungere la coda. Le sue dimensioni medie sono di 25 cm. raramente raggiunge i 50 cm.

Il pesce gatto vive in acque torbide e ha abitudini prevalentemente notturne. Ha quindi sviluppato altri organi che suppliscono alla limitatezza della sua visuale. La sua sensibilità alle vibrazioni indotte dai rumori (e dalle voci) nell'acqua è acutissima. In suo ausilio giungono poi anche i caratteristici otto barbigli disposti due sulla parte superiore del muso (che sono i più lunghi), due lateralmente e quattro inferiormente.

Le sue pinne sono pericolose, si trovano sul dorso e lateralmente nel pesce. La prima non è molto alta e si trova appena dopo il capo, la seconda è più distanziata poco prima del peduncolo caudale ed è adiposa come nei salmonidi. Quando si maneggia il P. Gatto si deve prestare particolarmente attenzione alla prima pinna dorsale sorretta da raggi duri il primo dei quali è spinoso, ma anche le due pettorali sono dotate ognuna di una spina resistente; questi tre aculei sono un'arma che il pesce erige per difendersi e sono in comunicazione con le ghiandole tossiche, la loro puntura è quindi molto dolorosa poichè l'azione di questi aculei continua anche quando il pesce è morto. Ricordiamoci di recidere immediatamente dopo la cattura di questi aculei.

Il P. Gatto preferisce le acque ferme o molto lente come le lanche e le morte gli stagni e le paludi. Nei fiumi lo si trova nelle anse poco profonde dove la corrente è ridotta al massimo e più fitta è la vegetazione. Staziona nelle buche profonde, preferisce i fondali melmosi ricchi di alghe e comunque dove la luce solare non arriva.

La Pesca: La pesca di questo pesce non richiede particolari attenzioni e attrezzature, si pratica prevalentemente a fondo e forse può essere considerata da taluni scarsamente sportiva, ma come tutte le attività alieutiche può offrire i suoi momenti di emozione.